Scegliere un fondo d’investimento: quali sono gli elementi da considerare?

di | 5 Febbraio 2018

Come allocare le risorse finanziarie, è da sempre uno dei temi  più importanti per ogni nucleo famigliare italiano. D’altro canto, gli abitanti del Belpaese sono famosi per una virtù che, ad altre latitudini, latita: il risparmio. Un tratto caratteristico, quest’ultimo, che consente alla nostra nazione di reggere il peso di un debito pubblico abnorme, il secondo al mondo, in termini percentuali rispetto al PIL, dopo quello greco. Le radicate abitudini degli investitori italiani, però, sono modificate nell’ultimo decennio, complice, in primis, l’azzeramento dei tassi ufficiali attuato dalla Banca Centrale Europea con l’intento di rilanciare la zoppicante economia del Vecchio Continente. Non va sottovalutato anche l’impatto di molte piattaforme di gaming online, con la possibilità di giocare 1 ora gratis nei casino online che ha richiamato l’attenzione dei risparmiatori, evidentemente allettati da nuove forme di guadagno.

Fondi comuni d’investimento: efficace arma di diversificazione

Una manovra che ha impattato, negativamente, sui cosiddetti titoli free-risk, specie titoli di stato e obbligazioni bancarie, due strumenti ai quali i risparmiatori hanno volto sempre favorevolmente il proprio sguardo. Oggi, però, i rendimenti sul debito pubblico tricolore sono infimi: un BTP decennale, soggetto ad elevate oscillazioni di prezzo complice la lunga durata, corrisponde un rendimento lordo che non raggiunge l’1%. Non va meglio anche per quanto concerne i bond bancari: gli istituti più solidi e strutturati non ne stanno emettendo, quelli con rating più critici non offrono rendimenti apprezzabili. Tutti elementi che hanno portato i risparmiatori, talvolta su suggerimento dei consulenti e promotori finanziari, ad abbracciare un nuovo mondo: i fondi comuni d’investimento.

Essi, di fatto, rappresentano una naturale evoluzione dei comportamenti finanziari dei risparmiatori italiani, scottati frequentemente, nel passato, da alcuni fragorosi crack finanziari, vedasi gli esempi di Parmalat, Cirio e Alitalia, solo per citare i più famosi. I fondi comuni d’investimento, infatti, consentono, in primis, di diversificare ampiamente il rischio emittente: la presenza di una pluralità di titoli di diversi soggetti evita di restare “col cerino in mano” nel malaugurato caso si verificasse un default, come avvenuto nei casi delle aziende poc’anzi citate. Nella scelta di un fondo, di conseguenza, è molto importante controllare quanti siano i titoli presenti nello stesso, dove sono allocati in termini di asset allocation e area geografica, per comprendere, appieno, quanto siano realmente diversificati.

Fondi comuni: asset allocation e costi, temi prioritari nella scelta

La diversificazione, di conseguenza, è strettamente correlata all’asset allocation, tema fondamentale nella scelta di un fondo: investire in fondi obbligazionari o azionari, oppure bilanciati o misti, è uno step indispensabile per qualunque investitore, che dev’essere obbligatoriamente accompagnato dall’accettazione di un determinato grado di rischio. Se è vero che essi evitano, grazie alla diversificazione, di mandare in fumo la totalità della cifra investita, è altrettanto importante sapere che non esiste alcun fondo comune in grado di garantire totalmente il capitale: anche il meno rischioso, infatti, può accusare oscillazioni di prezzo, seppur lievi, in base all’andamento dei titoli del settore nel quale sono allocati, che variano, per l’appunto, dall’asset allocation scelto; titoli obbligazionari investiment grade avranno un rischio inferiore rispetto a quelli azionari, che sono in grado, però, di offrire rendimenti indubbiamente più appetibili seppur in un contesto certamente più volatile.

Una volta scelto il fondo in grado di garantire un’ottima diversificazione ed un asset allocation corrispondente al grado di rischio che si è disposti ad accettare, è fondamentale decidere che tipologia prediligere: fondi ad accumulazione proventi o a distribuzione dei proventi? La differenza tecnica, fra i due, è insita nella cedola: i primi non distribuiscono gli eventuali interessi percepiti, che restano – senza alcuna forma di consolidamento – sul fondo stesso; i secondi, invece, garantiscono – in determinati casi – la possibilità di ricevere un flusso cedolare, che può essere predeterminato originariamente oppure a discrezione della SGR.

Nella scelta fra i due  va prestata particolare attenzione ai costi di sottoscrizione e di uscita, in alcuni casi – fortunatamente sporadici – applicati in entrambe le situazioni, e ai costi di gestione annuali, che talvolta possono erodere significativamente il guadagno netto. Prima di sottoscrivere un fondo, quindi, è importante farsi consegnare una copia del KIID e prospetto informativo, in modo da comparare i costi e scegliere il più conveniente dal punto di vista economico. L’aspetto degli oneri, però, non dev’essere prioritario, ma bensì complementare a tutti gli altri da tenere in considerazione.